mercoledì 8 luglio 2009

Evolvere il progetto di natura

La novità dell’Ontopsicologia è la scoperta del criterio base di natura, cioè del progetto di vita in dote alla nascita, quello che nella cultura classica si chiama anche anima, e lo ha chiamato In Sé ontico.

Una volta individuato il progetto che ogni individuo porta con sé come patrimonio, il compito della pedagogia ontopsicologica è aiutare l’evoluzione e la crescita del bambino amplificando in modo funzionale le vocazioni, le attitudini, le propensioni, e quindi consentire all’individuo di conoscere se stesso e farsi, cioè costruirsi per come è in natura. Quindi educare ad una razionalità - via via sempre più adulta - che consenta di scegliere sempre in modo corretto per se stessi, con soddisfazione personale e sociale.

Capita invece che negli insegnamenti classici, dalla famiglia alla società, il progetto di natura dell’individuo non venga considerato come il principio di riferimento per conoscere ciò che è meglio per la persona.

A questo, viene sovrapposta l’informazione fissa e ripetitiva dell’opinione sociale, degli stereotipi, dei luoghi comuni, dei memi. Tutte informazioni che portano il bambino a crescere secondo regole e criteri esterni e non secondo il proprio criterio interiore.

Un’inclinazione verso un’arte, una disciplina, una professione che il bambino ha alla nascita il più delle volte non viene vista, considerata cosicché non si educa il bambino a seguirla, coltivarla, ad evolverla. Ma gli si insegna a seguire un’altra arte, disciplina o professione perché, per esempio, viene praticata da generazioni in famiglia ed è quindi tradizione proseguirla, oppure è una professione che ha più riuscita sociale, più guadagno, più richiesta.

Ma questa professione, diciamo aggiunta, era “nelle corde” del bambino? Da adulto potrà esercitarla con passione e soddisfazione perché ha realizzato nella sua storia le scelte verso le quali era naturalmente portato?

L’adulto, anche se ha preso strade diverse, può recuperare la strada del proprio progetto di natura che esite ancora costretto sotto tutte le informazioni che fin da piccolo la famiglia, la società, la cultura, gli ha sovrapposto. Questo è il compito dell’Ontopsicologia che consente all’uomo la possibilità razionale di riscoprire ed evolvere se stesso secondo la particolarità del proprio progetto.

Certo, è ovvio che l’individuo dovrà riscrivere molte delle proprie regole, fare dei compromessi con la società, non cancellerà tutto quello che ha fatto e quello che è diventato ma cercherà di recuperare e dare spazio a quello che non ha mai evoluto di sé e che è ancora possibile sviluppare.

Tutta la visione ontopsicologica in riferimento alla pedagogia è l’attenzione ai codici della vita che il bambino ha in dote alla nascita e l’adattamento progressivo di questo progetto base all’elaborazione della costruzione e responsabilità sociale dell’individuo.

1 commento:

  1. Leggo questo post in un momento particolarmente “caldo”. Siamo nel pieno degli esami di maturità e, passato lo stress, arriva per i ragazzi il momento di decidere a quale facoltà iscriversi. Per un adolescente non è una scelta affatto facile: c’è chi brancola totalmente nel buio, chi invece è già stra-sicuro da anni, chi legge tutti i sondaggi per sapere qual è la facoltà che permette prima di inserirsi nel mondo del lavoro e chi si rimette alla facoltà più breve e più semplice perché “tanto non è portato per lo studio”. È un vero caos nel quale sia i ragazzi che i genitori fanno molta fatica ad orientarsi. Siamo tutti bravi a dire che se uno sceglie quello che gli piace allora avrà successo…come si può aiutare un giovane a capire cosa gli piace veramente? La sua naturale inclinazione spesso è stata sommersa dal personaggio che ha scelto di interpretare a scuola, con gli amici e in famiglia: il secchione, lo stupido, quello che è intelligente ma non s’impegna, l’insicuro, il ribelle, il cocchetto di mamma, e chi più ne ha più ne metta…
    Se l’Ontopsicologia è una scienza che consente una nuova forma di pedagogia, basata sulle naturali specificità di ogni ragazzo, non dovremmo essere noi operatori sociali, educatori o insegnanti, i primi a recepirla nella nostra formazione?

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