mercoledì 15 aprile 2009

Il paradigma dell’Ontopsicologia

C’è sempre un uomo che inizia un cammino e successivamente viene riconosciuto quale risposta a qualcosa che tutti avevano già come esigenza nella loro storia e nel loro intimo. Quest’uomo non è eccezionale, è una buona coscienza di come la realtà si sta evolvendo.” (Il criterio etico dell’umano, Antonio Meneghetti)

Nella sua opera “La struttura delle rivoluzioni scientifiche” Thomas Kuhn afferma che il compito di chi fa scienza “normale” (basata cioè su un paradigma condiviso dalla comunità scientifica) non è affatto quello di scoprire nuovi fenomeni. Piuttosto, il lavoro dello scienziato “normale” si presenta come un tentativo di “forzare la natura entro le caselle prefabbricate e relativamente rigide fornite dal paradigma”.

Il paradigma diventa anche il criterio per scegliere quali problemi sono ritenuti solubili, quindi quali interrogativi è legittimo porsi: questi saranno gli unici che la comunità ammetterà come scientifici. Gli altri verranno respinti come metafisici o come appartenenti ad un’altra disciplina. Di norma, “gli scienziati non mirano neanche ad inventare nuove teorie, e anzi si mostrano spesso intolleranti verso quelle inventate da altri”. Per questo, un paradigma può arrivare ad “isolare la comunità da quei problemi socialmente importanti che, però, non possono venire formulati nei termini degli strumenti tecnici e concettuali forniti dal paradigma”. Questo implica non solo che gli strumenti offerti da un paradigma possono non essere adeguati per risolvere i problemi, ma che possono anche impedire di vedere un problema. Alcuni fenomeni naturali possono quindi passare del tutto inosservati e restare “silenti” se non riescono ad essere catturati e “incasellati” nel paradigma vigente. Questi fenomeni non emergeranno neanche come “problemi”.

Ecco perché oggi non abbiamo ancora realmente compreso il peso che gioca l’inconscio umano nelle nostre vite quotidiane, dalle relazioni affettive fino alle più intricate dinamiche di business. Ma anche quando ci appare chiaro, non sappiamo come affrontare e gestire questa evidenza.

Kuhn afferma ancora che “ogni rivoluzione scientifica comporta una trasformazione del mondo entro il quale viene fatto il lavoro scientifico”.

L’originalità del paradigma ontopsicologico consiste nell’aver esteso i confini della cosiddetta scienza “normale” a tutta l’attività psichica dell’uomo: emozioni, automatismi, impulsi, motivazioni, e tutti quei fattori non codificati razionalmente, ma che determinano il reale, divengono oggetto di indagine scientifica. Questo è possibile grazie agli avanzati strumenti di conoscenza messi a disposizione dal paradigma ontopsicologico: In Sé ontico, campo semantico e monitor di deflessione si configurano come i 3 principi complementari che consentono l’indagine razionale (basata sul metodo induttivo-deduttivo) di tutte quelle realtà tradizionalmente reputate non “incasellabili”.
Ma rispetto al concetto espresso da Kuhn, il paradigma ontopsicologico non va inteso come una “migliore” approssimazione al mondo della natura rispetto a quello tradizionale. Il ripristino dell’autenticità attraverso la metodica ontopsicologica, infatti, consente al ricercatore di essere, momento per momento, in esatta coincidenza con il reale.
Senz’altro l’Ontopsicologia rappresenta “… una conoscenza la cui posizione rispetto alla cultura contemporanea può essere paragonata alla diversità fra una civiltà che conosce il telefono e la televisione e una civiltà che ancora conosce solo il fuoco e la ruota”. (Antonio Meneghetti)